Disinformazione digitale e Debunking

Disinformazione digitale: gestirla non richiede attitudine alla scienza missilistica…

Probabilmente vi sarete imbattuti nel seguente Tweet di domenica 1 marzo 2020, o in un esempio di disinformazione similare, dove viene indicato ai lettori di NON usare il disinfettante per le mani per proteggersi dal coronavirus.

In meno di un giorno questo messaggio è stato ritwittato quasi 100.000 volte ed ha raccolto un quarto di milione di Likes. Probabilmente è stato visto da milioni di persone e il suo messaggio è stata la base su cui altri hanno iniziato a diffondere messaggi propri, rielaborati a proprio piacimento.

Ha persino sbaragliato su Facebook .

Per molte persone, il tweet suonava incredibilmente vero. La persona dietro al messaggio si identificava come uno scienziato; la sua indicazione sembrava genuina e riconoscibile; il punto in cui spiega che i batteri sono diversi dai virus è familiare a chiunque, come se a scrivere fosse un vero medico.

Come noterete, il tweet non era in realtà accurato.

Sì, dovresti lavarti le mani per prevenire la diffusione del coronavirus, ma i disinfettanti per le mani a base di alcol possono essere efficaci solo come alternativa e devono contenere almeno il 60% di alcol. (La maggior parte dei marchi leader lo fanno.) Come viene indicato dal CDC , così come da numerosi articoli sui media mainstream con tanto di collegamenti a documentazione scientifica:

Il giusto peso alle notizie sui Social

Il tweet da noi segnalato è solo uno dei molti che fanno parte di una piaga di disinformazione che ha accompagnato la diffusione di COVID-19 in tutto il mondo, il post di Buzz Feed News illustra come i social media potrebbero peggiorare l’epidemia incoraggiando azioni controproducenti.

Se solo poche persone utilizzaranno disinfettante per le mani quando il lavaggio delle mani con acqua e sapone non è fattibile, è possibile che più persone saranno infette e altre moriranno.

Non sarebbe la prima volta: in un articolo dello Smithsonian del 2017, uno storico ha affermato che l’epidemia di influenza spagnola del 1918 è stata resa più mortale dalla soppressione da parte del governo degli Stati Uniti di informazioni accurate al riguardo.

Facebook, Twitter, YouTube e altre piattaforme hanno preso provvedimenti contro la disinformazione del coronavirus, come indirizzare gli utenti a fonti ufficiali quando cercano la keyword “coronavirus”.

Ma torniamo al nostro Tweet: martedì mattina il tweet originale era stato eliminato (presumibilmente dal suo autore) e gli screenshot, ormai pubblicati su Facebook, erano stati contrassegnati come falsi dai partner di verifica dei fatti della piattaforma (fact-checker indipendenti).

A quel punto, tuttavia, l’affermazione aveva già raggiunto un vasto pubblico e le piattaforme mancavano di meccanismi per garantire che le persone che vedevano le informazioni false vedessero anche i debunkings.

Cosa è il debunkings? E’ una tecnica di chiarificazione, argomentazione e spiegazione con cui altri utenti, spesso esperti del tema, cercano di smontare le sciocchezze che sembrano fare così tanti proseliti sui social network

Le aziende Social stanno combattendo una dura battaglia contro la dinamica dei propri algoritmi, che sono costruiti per dare priorità alla velocità e all’impegno.

Vi è, tuttavia, un’altra speranza per limitare la viralità della falsa e fuorviante disinformazione del coronavirus. Possiamo inoculare noi stessi e le persone che conosciamo, imparando alcune tecniche di base per individuarlo nei nostri feed.

Diamo più fiducia al raziocinio umano, insomma.

Per quattro anni, l’esperto di alfabetizzazione digitale della Washington State University Mike Caulfield ha lavorato sul modo più efficace per insegnare agli studenti a navigare nelle informazioni online e nella disinformazione. Con il coronavirus che accresce l’urgenza, ora sta cercando di diffondere la parola a tutti noi, lanciando un sito web educativo e un account Twitter .

Il suo approccio sembra semplice – e lo è. Per quanto familiare a giornalisti e verificatori di fatti, è in contrasto con l’istinto naturale del lettore di notizie medio. E con società di social media come Facebook e Twitter mal equipaggiate per contenere falsità sulle loro piattaforme, aiutare le persone a imparare a riconoscerle potrebbe rappresentare la migliore speranza per contenerle a breve termine.

La chiave è non trarre conclusioni personali e immediate quando ci imbattiamo su una nuova notizia sui Social Media.

È sia più veloce che più efficace valutarla mediante riferimenti incrociati, ovvero cercare conferme o debunking in altre parti del Web. Non viene richiesta alcuna competenza tecnologica o informatica: ti aiuterà a evitare le false cure del coronavirus su WhatsApp , così come aiuterebbe tuo zio a evitare cospirazioni sulla Terra piatta viste su YouTube.

Conosciamo bene quali sono le fonti ufficiali, un esempio è il sito dell’Organizzazione Mondiale della Sanità.

L’approccio di Caulfield si basa su un articolo del 2017 condotto da ricercatori dell’Università di Stanford che hanno scoperto che l’approccio convenzionale all’alfabetizzazione online ha lasciato gli studenti impreparati al mondo dei social media. E’ stato quindi proposto un approccio diverso chiamato “lettura laterale”.

“Le persone sono state formate nelle scuole per 12 anni: ecco un testo, ora leggilo e usa le tue capacità di pensiero critico per capire cosa ne pensi”, dice Caulfield. Aprendo altre schede correlate potranno far luce sull’affidabilità dell’articolo e sulle affermazioni centrali.

Come gestire la disinformazione con raziocinio?

Ispirato dalle abitudini efficienti dei fact-checkers, Caulfield ha deciso di affrontare una sola domanda: “Qual è la più piccola serie di competenze che possiamo offrire alle persone che li prepari ad impegnarsi come cittadini attivi sul web?” .

Fu così che fondò l’acronimo SIFT (da EN a IT):

  1. Stop. Fermati.
  2. Investigate the source. Indaga sulla fonte.
  3. Find better coverage. Trova maggiori informazioni (una maggiore presenza/copertura di informazioni).
  4. Trace claims, quotes, and media to the original context. Traccia rivendicazioni, citazioni e contenuti multimediali nel contesto originale.

Ognuno di questi passaggi viene fornito con un paio di “mosse”, come passare il mouse sulla biografia di un utente di Twitter prima di ritwittarlo o cercare un URL su Wikipedia. Puoi visionare una breve esercitazione sul sito di Caulfield, ” Setacciare il Coronavirus “.

Il tweet sul disinfettante per le mani è un ottimo caso di studio. “Se cerchi di essere deduttivo e “pensi in modo critico”, fallirai”, dice Caulfield. A meno che tu non sia un medico, “Non ne sai abbastanza” per valutare l’affermazione solo con il tuo intelletto.

1 – Stop

Il primo passo è fermarsi: non accettare o condividere un reclamo su coronavirus fino a quando non lo avrai verificato. Quindi, indagare sulla fonte: l’autore ha detto che era una scienziata, ma non ha specificato che tipo di scienziata. Su argomenti complessi, le competenze di dominio contano.

2 – Investigate the source

Passando il mouse sopra la sua biografia di Twitter non vengono visualizzate ulteriori informazioni pertinenti: un avatar anime, nessuna affiliazione professionale, nessun cognome e nessun segno di spunta blu per comunicare che è un utente “verificato”.

Inoltre non si collegava a nessuna prova della sua affermazione, come links a bibliografie, fonti attendibili etc. Questo di per sé non è dannoso, ma suggerisce la necessità di ulteriori approfondimenti.

3 – Find better coverage

Poi arriva “trova maggiori informazioni”. In questo caso, ciò potrebbe significare una rapida ricerca su Google di “disinfettante per le mani” e “coronavirus”. Lunedì, quella ricerca ha portato alla luce diversi risultati di organizzazioni di sanità pubblica, incluso il CDC, che raccomandano l’uso di disinfettante per le mani quando non è possibile lavarsi le mani.

Martedì mattina, il primo successo è stato un post del Politifact che ha sfatato il tweet in questione. Se la ricerca classica di Google non chiarisce rapidamente le cose, la ricerca di Google News potrebbe. Perchè? Perchè nella ricerca classica di Google sono presenti links a pagamento o links già indicizzati da tempo.

4 – Trace claims, quotes, and media to the original context

L’ultimo passaggio, rintracciare le affermazioni nel loro contesto originale, è meno rilevante in questo caso: senza allegati o collegamenti, il tweet era il suo contesto originale, topic.

Quale passo risulta essere quello cruciale può variare a seconda del tipo di disinformazione, dice Caulfield. Quando una notizia proviene da un falso sito web che finge di essere un sito web contenente notizie attendibili e documentate come il famigerato (ora defunto) abcnews.com.co, che sembrava ABC News – puoi scoprirlo facendo una ricerca su Google con la URL e l’aggiunta della parola “Wikipedia” per vedere se ci sono informazioni su di esso. Ad esempio, la ricerca di “abcnews.com.co Wikipedia” rivela una voce di Wikipedia che la espone come una frode .

Nessuno di questi passaggi richiede attitudine alla scienza missilistica – il che è positivo, perché la maggior parte delle persone non sono scienziati missilistici.

Altre volte, la disinformazione non risiede nella fonte stessa, ma nel modo in cui è inquadrata sui social media.

disinformazione

Un post virale implicava che un professore di medicina di Harvard fosse stato arrestato per aver cospirato con il governo cinese per creare il coronavirus. Il post era collegato a una vera storia della CNN sull’arresto del professore di Harvard per presunta menzogna sui suoi legami con il governo cinese.

Ma il passaggio numero 4 di Caulfield richiede l’apertura dell’articolo con conseguente lettura. Nell’articolo della CNN, la parola “coronavirus” non si trova da nessuna parte. Come conferma un post di FactCheck.org , l’arresto del professore di Harvard non aveva nulla a che fare con COVID-19.

Ancora una volta, nessuno di questi passaggi è scienza missilistica. Anche imparare un metodo semplice come l’acronimo SIFT di Caulfield è probabilmente troppo da chiedere a tutti coloro che usano i social media. Crediamo che l’epidemia di coronavirus possa dare ad almeno l’impulso ad impiegare un’ora per apprenderlo.

Una volta appreso saremo in grado di identificare la maggior parte dei casi di disinformazione in circa 30 secondi. E poi alcuni di noi aiuteranno a disinnescarlo, magari segnalandolo ai fact-checker o pubblicando risposte con collegamenti a informazioni migliori. Potremmo anche insegnarlo ad alcuni amici o familiari che hanno una propensione ad innamorarsi di una bufala.

L’approccio di Caulfield non è infallibile. E anche le persone che dedicheranno del tempo per apprendere lesue  tecniche probabilmente non le applicheranno in ogni caso. A volte le persone vogliono solo sfogliare Facebook o Twitter senza dover necessariamente attivare il cervello. Con un buon ritorno per i web marketers 🙂

La disinformazione nel mondo ideale

In un mondo ideale, i principali canali di informazione della società su un argomento critico come il coronavirus si prenderebbero seriamente la responsabilità di assicurarsi che le informazioni siano accurate.

I cittadini comuni non dovrebbero diventare criminali digitali.

Ma il mondo in cui viviamo è uno in cui i giganti della tecnologia che hanno sconvolto il business delle notizie sono sprofondati in un modello che rende impossibile controllare le informazioni prima che proliferino.

Quindi per ora, ci resta da fare affidamento sulle loro mezze misure reattive – e sul nostro raziocinio.